La saggezza di un vecchio detto popolare non inganna mai. Una certa dose di avversità possono infatti accrescere alcune capacità personali aumentando i livelli di “resilienza”. La resilienza (dal latino “resilire” – rimbalzare ) è, in ambito ingegneristico, la capacità di un materiale di assorbire un urto senza rompersi. In psicologia si riferisce quindi alla capacità di fronteggiare positivamente eventi traumatici. Tanti sono gli esempi celebri di persone che, nonostante tutto, ce l’hanno fatta e su di essi sono stati scritti libri e biografie. Persone che hanno fatto di difficoltà virtù, che si sono in qualche modo piegate ma non spezzate, Frida Kahlo, Nelson Mandela, Steve Jobs, Alex Zanardi , solo per fare qualche nome.
Boris Cyrulnyk, etologo, neurologo e psichiatra francese a tal proposito sostiene “se è vero che certe ferite non si rimargineranno mai completamente, qualunque trauma, se non vissuto passivamente come punizione o negazione della felicità, può rappresentare, nel suo accadere repentino e imprevedibile, un’occasione di realizzazione superiore, al pari della condizione del cigno che si è sviluppato a partire dal brutto anatroccolo della nota favola di Andersen”
Da cosa dipende quindi la capacità di sviluppare o meno resilienza in seguito ad un trauma? Bisogna premettere che alcune esperienze forti come ad esempio la morte precoce di un figlio, di un genitore, un abuso piuttosto che l’essere vittima di una calamità naturale, generano inevitabili blocchi che incidono negativamente su salute e benessere della persona a qualunque età. Detto ciò, la ricerca clinica, evidenzia fattori di rischio – che espongono cioè la persona ad una maggiore vulnerabilità al trauma – e fattori protettivi – che al contrario la rinforzano – per lo sviluppo di resilienza. Tra i primi ci sono fattori emotivi (bassa autostima), famigliari (conflitti e separazioni), interpersonali (rifiuto dei pari), e di sviluppo (ritardo cognitivo). Tra i secondi si evidenziano soprattutto fattori ambientali/famigliari come la capacità di accudimento del caregiver, le attenzioni date al bambino specie dalla nascita al compimento del primo anno di vita, la qualità del legame tra genitori ma anche la coerenza nelle regole date e la presenza di una buona rete sociale.